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— Intervista a Cristian Vitali
«Chi è il più grande bidone della Serie A di tutti i tempi? Risponde Cristian Vitali»


Il “Calcio Gourmet” proposto dal Blog Calcioedintorni.it intervista Cristian Vitali


06/11/2019

di Gianmaria Borgonovo

Calcioedintorni.it

In Serie A sono presenti tanti calciatori stranieri, distinguibili tra campioni, buoni giocatori, discreti comprimari e poi ci sono loro: i bidoni. Vengono presentati al pubblico italiano come craque, i bidoni deludono le aspettative dei loro tifosi, che a loro hanno dato grande fiducia, pur spesso non conoscendoli.

La passione della Redazione di Calcio e Dintorni per il calcio passa anche per la scoperta, conoscenza ed in fondo persino per l’apprezzamento di quei calciatori che avrebbero dovuto splendere nel calcio italiano, ma che hanno fatto flop. Per meglio capire chi è un bidone, abbiamo intervistato Cristian Vitali, autore del libro Calciobidoni – Non comprate quello straniero, webmaster del sito Calciobidoni.it, nonché grande appassionato di Serie A e tifoso di Milan e Torino. Tenetevi forte, questa intervista contiene materiale molto interessante!

Ciao Cristian, nell’introduzione del tuo libro «Calciobidoni – Non comprate quello straniero», sostieni che per il bidone «il pericolo della figuraccia nasce quando ci si lascia andare a dichiarazioni eclatanti e un po’ troppo ottimistiche». Tra i bidoni di cui hai parlato, quale ritieni che sia il più eclatante nella storia del calcio italiano?

«Il concetto di “bidone” è molto ampio ed è un minestrone molto variegato. Cito gente come Luis Silvio Danuello (Pistoiese), Jorge Caraballo (Pisa) o Ma Mingyu (Perugia): loro sono bidoni in senso stretto. Altri bidoni, invece, non sono mai stati calciatori efficaci, come ad esempio il brasiliano Mauro Shampoo, che in tutta la propria carriera da attaccante è riuscito a realizzare un solo gol. Altri giocatori come Dennis Bergkamp sono bidoni in un certo contesto, in quanto i suoi due anni all’Inter furono negativi, soprattutto a causa dei problemi di ambientamento. L’esperienza di Bergkamp in maglia nerazzurra fu negativa sia per lui, sia per l’Inter. Gli anni successivi dell’olandese all’Arsenal furono decisamente migliori. Discorso similare si può fare per Gabigol, che è arrivato all’Inter molto giovane e non ha avuto il tempo di dimostrare il suo valore. Le premesse della presentazione di Gabigol da parte di Tronchetti Provera facevano sperare il meglio ai tifosi interisti e qui mi ricollego al tema delle dichiarazioni eclatanti e un po’ troppo ottimistiche. Non tutti ricorderanno le parole del dirigente interista al momento della presentazione del giovane brasiliano: “Dopo circa vent’anni, con Inter e Pirelli abbiamo l’occasione di presentare un altro grande brasiliano. Per Gabigol sarà una grande responsabilità: l’ultimo brasiliano che ho presentato, se non ricordo male, si chiamava Ronaldo”. Dopo una presentazione come quella di Gabigol è corretto dire: “se poi tu non sei all’altezza, la figura che fai è pessima”, da bidone. Altri calciatori non devono essere considerati come bidoni, bensì dei discreti giocatori, come il venezuelano Yosef Martinez, giocatore di medio talento che il Torino acquistò per 3 milioni di Euro e che da subito si distinse per sacrificio e disponibilità nel giocare anche solo spezzoni di match. Martinez giocò quasi sessanta partite in Serie A in due anni e mezzo, poi fu ceduto ad Atlanta nella MLS Americana, diventando un bomber di livello. Aggiungo che da quella cessione il Torino guadagnò pure dei soldi (ndr Martinez fu venduto per 4,5 milioni di euro). Yosef Martinez è il classico non-bidone, in quanto al suo arrivo in Italia il suo valore e potenzialità erano indubbiamente bassi, ma fu il suo impegno a renderlo un buon giocatore. Altri giocatori, con talento molto maggiore hanno invece fatto flop, anche per la loro scarsa attitudine al sacrificio. Non parliamo poi di quei calciatori visti come operazioni simpatia, quali Saadi Gheddafi, figlio del più noto Muammar, che era il più ricco di tutti i giocatori delle squadre con cui ha giocato (Perugia, Udinese e Sampdoria), ma che dal punto di vista tecnico non poteva certo essere decisivo in Serie A».

Cosa cerchi in un bidone, quando ne narri le avventure? Quali devono essere le qualità di un bidone di livello?

«Innanzitutto, le storie più paradossali sono le più succose da raccontare. Porto l’esempio di Jorge Caraballo, giocatore uruguaiano al Pisa nel 1982/83. Caraballo fu presentato con grandi onori dal presidente pisano Anconetani, che lo definì “il Caravaggio del pallone”. A sua volta, Caraballo promise ai propri tifosi di segnare molti gol, tanti da non sfigurare al cospetto di Juan Alberto Schiaffino (N.D.R. recordman di gol in Serie A, fino a prima del record di Higuain) e che sua figlia si sarebbe chiamata Vittoria, in onore dei successi che avrebbe regalato al Pisa. Il risultato fu diametralmente opposto. Non solo Caraballo non riuscì mai a segnare nei 7 match in campionato, ma fu autore di una partita disastrosa in Coppa Italia contro il Bologna, in cui tirò un calcio di rigore alle stelle, sembra addirittura fuori dallo stadio. La tracotanza dimostrata in quel frangente da Caraballo lo ha reso il bidone per eccellenza. Ma non è finita qui. Il 4 novembre 2019, Matteo Anconetani ha organizzato una serata di gala per ricordare i 20 anni della morte del nonno Romeo Anconetani, celebre presidente del Pisa negli anni 80. A questa serata hanno partecipato decine di ex calciatori, tra cui l’ex ct del Brasile Carlos Dunga ed in collegamento video da Madrid persino Diego Simeone. Anconetani ha cercato disperatamente Caraballo, per farlo partecipare alla grande reunion, senza però trovarlo. E si è persino rivolto a me per capire se avessi qualche informazione in più su di lui, ma nulla di fatto. Il continuo negarsi di questo giocatore, a distanza di più di trent'anni testimonia quanto fosse poco incline all'autoironia. Ecco, un altro aspetto che enfatizza gli aspetti negativi del bidone è la sua permalosità. Una dote che è da sempre sconosciuta a Luis Silvio Danuello, bidone anni 80 della Pistoiese, ma tuttora innamorato di Pistoia, che ricorda con piacere per la gente e l’esperienza umana, più che per i successi calcistici. Riassumendo, le doti che meglio identificano un bidone - prendendo come esempio Caraballo - sono: 1. Lo scarso rendimento (zero gol in Italia); 2. Gli errori grossolani (il rigore contro il Bologna); 3. La permalosità (pianse dopo uno scherzo di alcuni compagni di squadra); 4. Essere una costante delusione (“sono il nuovo Schiaffino”); 5. Essere il contrario delle aspettative (Caraballo allevava conigli, galli e polli nella sua villa in Toscana)».

Hai mai riscontrato il caso di bidoni “generazionali”, ovvero bidoni imparentati, ad esempio: padre/figlio/nipote/cugino?

«I due casi più emblematici riguardano i fratelli Zárate, Sergio Zárate (Ancona 1992-93) e Mauro Zárate (Lazio 2008-2011 e 2012-2013, Inter 2011-2012 e Fiorentina 2016-2017) e padre e figlio Cop: Davor Cop (Empoli 1987-88) e Duje Cop (Cagliari 2015 e 2017). E ce ne sono molti altri!».

Anni 80, 90, 2000, 2010: qual è il top bidone per ciascuna di queste decadi?

«Anni 80: Jorge Caraballo (Pisa). Ian Rush (Juventus) in alternativa. Anni 90: Hristo Stoichkov (Parma), disastroso in Italia, ma molto meglio all'estero. Andreas Andersson (Milan) in alternativa. Anni 2000: Gaizka Mendieta (Lazio). Anni 2010: Nikola Kalinic (Fiorentina, Milan, Roma). In alternativa Ricardo Quaresma (Inter)».

Qual è il bidone a cui sei più legato?

«Sicuramente Caraballo. Il suo atteggiamento suscettibile ed i suoi zero gol con la maglia nerazzurra del Pisa lo rendono il mio bidone preferito».

In Calcio e Dintorni siamo soliti paragonare alcuni calciatori a delle pietanze o piatti della cucina. A quale piatto paragoneresti il "calciatore bidone"?

«Cito Bruno Barbieri, chef di Masterchef Italia. Il bidone è un mappazzone, ovvero un pasticcio, anche dal punto di vista culinario.».


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