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Bruschetta, un cosmopolita che ama scrivere e viaggiare


INTERVISTA — Matteo Bruschetta era un Giornalista in quel di Padova: ma dopo aver girovagato un po’ in Europa e molto nel sud asiatico, oggi vive a Praga, lavora nel settore del turismo e scrive libri di calcio. Vi racconto le sue passioni.


01/02/2020

di Cristian Vitali

Matteo Bruschetta è uno dei tanti italiani che con sempre più frequenza lasciano il nostro Paese per trovare fortuna in giro per il mondo. La particolarità è che, dopo aver intrapreso la strada del giornalismo (collaborando con il «Mattino di Padova» e anche con il «Corriere dello Sport», e scrivendo due libri: «Il caso Lippi-Cassano. Una storia di calcio» nel 2009 - in pratica la sua Tesi di Laurea in Scienze della Comunicazione, che riguardava la mancata convocanzione di Fantantanio ai Mondiali in Sudafrica, e «Padova nel cuore» nel 2010), l’ha poi abbandonata per provare a migliorare la propria vita trovando il coraggio di lasciare il paese di origine per inseguire un’altra sua grande passione: viaggiare. La particolarità di Matteo è che ha peregrinato all’estero attraversando il mondo, prima in Europa, poi facendo diverse incursioni nel sud asiatico, per poi tornare nuovamente in Europa stabilendosi a Praga, dove vive attualmente. Ed è lì che ha prima sviluppato un Blog, Footballnotballet.com (che ha poi chiuso per mancanza di tempo da dedicarvici, come mi ha confidato), poi ha proseguito con profitto il suo percorso di scrittore: il 2018 è il suo personalissimo anno di svolta, durante il quale ha autoprodotto ben tre libri (due dei quali abbiamo già letto e recensito con entusiasmo): «I Mondiali dei Vinti», «Cenerentola ai Mondiali», «C’è del calcio in Danimarca». E proprio questi libri hanno stuzzicato la mia curiosità, visto che presentano dei profili attinenti alla mission e alla filosofia di Calciobidoni.it, visto che trattano non i Campioni ma gli “ultimi della classe”, un po’ come faccio io da quasi quindici anni a questa parte. Dopo aver letto i suoi libri mi è sembrato naturale approfondire ancor di più il suo operato intervistandolo.

Buongiorno Matteo. Parlami un po di te, qual è in breve il tuo percorso professionale e cosa ti lega al mondo del calcio.

«Il calcio, e lo sport in generale, sono sempre stati una grande passione per me sin da bambino: pensa che ho imparato a leggere prima di andare a scuola, grazie alle figurine Panini e alla Gazzetta dello Sport. Proprio la lettura della rosea mi ha avvicinato al mondo del giornalismo sportivo. Ho scritto per diversi quotidiani nazionali, come “Il Corriere dello Sport”, o locali, come “Il Mattino di Padova”, per circa 8 anni. Nel 2010 ho deciso di trasferirmi a Londra e ho un po’ messo in panchina il mio sogno di diventare giornalista sportivo. Da quando mi sono trasferito a Praga, complice un po’ più di tempo libero, ho ricominciato a scrivere, non più articoli per quotidiani o siti, ma libri».

Raccontaci la genesi dei tuoi libri e come li hai pubblicati. Quali sono le tue fonti?

«L’idea è nata dal fatto che dei Mondiali di calcio abbondano i libri riguardanti episodi e personaggi già noti, soprattutto i vincitori. Latitano invece aneddoti e storie riguardanti gli ultimi, gli sconfitti, chi non finisce in prima pagina. Non è stato semplice reperire i materiali da consultare, ma grazie alla mia conoscenza dell’inglese, dello spagnolo e del francese sono riuscito a procurarmi libri, quotidiani e video in lingua originale sulle varie Nazionali di cui parlo».

Come mai la decisione di autoprodurli e non di affidarti ad un Editore “tradizionale”?

«Nei miei primi due libri mi ero affidato ad un editore tradizionale, che non mi ha pagato le royalties. Lo stesso mi è capitato con due librerie. Per questo motivo ho deciso di autoprodurre i miei libri. Il lavoro è certamente più lungo, ma allo stesso tempo la soddisfazione è maggiore».

Cosa ti ha portato a lasciare l’Italia? E di cosa ti occupi attualmente?

«Mi sono trasferito all’estero nel 2010, in Gran Bretagna. Inizialmente pensavo di passare un anno a Londra per migliorare il mio inglese. Mi sono trovato bene all’estero e ho deciso di rimanerci, iniziando un viaggio che mi ha portato in vari luoghi: Gran Bretagna, Australia, Vietnam, Cambogia, Laos, Tailandia, Malesia e Repubblica Ceca. Attualmente vivo a Praga e lavoro nel settore del turismo».

Come è stato trasferirsi? E perché questo “giro del mondo” attraverso l’Asia e poi il ritorno in Europa? Raccontami questi passaggi e cosa facevi per vivere.

«Trasferirsi all’estero è stato meno complicato di quello che credevo. A volte le barriere più grosse sono nella nostra testa. Tra Londra e Australia, ho fatto un po’ di tutto: ristorazione, autista ai Giochi Olimpici, edilizia e persino agricoltura. In Asia ho viaggiato per 3 mesi dopo aver trascorso un anno in Australia. Avevo qualche soldino in tasca e ho deciso di spenderlo per una cosa che mi piace fare: viaggiare. Ho viaggiato via terra il Vietnam, la Cambogia, il Laos, la Tailandia e la Malesia. Davvero un’esperienza indimenticabile, la consiglio a tutti. Il ritorno in Europa è stato un po’ scioccante, per ritmi di vita e clima, ma mi sono riabituato in fretta».

Conoscevi il Blog Calciobidoni e il Premio Calciobidone? Cosa ne pensi?

«Conoscevo sia il blog che il Premio. Mi sembra un’iniziativa valida e divertente. Dagli anni ‘80 in poi, il campionato italiano ha avuto molti bidoni provenienti da ogni angolo del pianeta e ciascuno di loro porta con sè storie davvero interessanti. Sei stato bravo ad averli rintracciati e creato questa curiosa iniziativa».

Ti ringrazio. Sapevi quindi che Furio Zara (N.D.R.: autore della Prefazione del Libro «Cenerentola ai Mondiali»), nel 2010 ha fatto parte della Giuria del Calciobidone?

«Si, l’ho conosciuto all’Università di Verona, sapevo che aveva fatto parte della Giuria del Premio e, tra l’altro, ha scritto anche un libro sui bidoni».

Che conosco bene, tra l’altro. Hai qualche aneddoto curioso legato al mondo del calcio da raccontarci?

«Quando vivevo a Londra, ogni weekend andavo allo stadio, dalla Premier League alla Non League (N.D.R.: il livello al di sotto della Football League, che rappresenta con la Premier League le quattro maggiori divisioni inglesi, in pratica i nostri campionati regionali). I miei preferiti sono Craven Cottage, tana del Fulham, e l’ahinoi defunto Upton Park, vecchia casa del West Ham».

A proposito di Londra, che ne pensi della fine del Wimbledon e della successiva rifondazione da parte dei tifosi?

«Riguardo al Wimbledon, ricordo da ragazzino la Crazy Gang dei vari Vinnie Jones e John Fashanu. La sua fine e lo spostamento a Milton Keynes è una sconfitta del calcio moderno. La rifondazione dei tifosi è invece una grande vittoria, che fa guardare al futuro con speranza e ottimismo».


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