La novità di quest’anno è rappresentata dalle “nomination”, pertanto la votazione non è più “a ruota libera”: la selezione dei finalisti è stata eseguita a seguito di opportune valutazioni svolte da una ristretta cerchia di giornalisti ed esperti, coordinati da Cristian Vitali,autore del libro “Calciobidoni. Non comprate quello straniero”. Si ringrazia, in particolare:
In più, è possibile aggiungere un ulteriore nominativo non presente in lista, al fine di permettervi comunque di esprimere il vostro libero pensiero in merito.
ADIYAH (Milan)
Prelevato da una squadra norvegese dal nome impronunciabile, per quasi 2 milioni di Euro, la trattativa per il suo acquisto fu assai lunga e difficile: capocannoniere del Mondiale Under 20 in Egitto, pareva un nuovo Drogba. Ma in allenamento non convince affatto: non è da Milan, dicono gli scettici. Ed in effetti non è mai stato convocato da Leonardo, nemmeno quando il tecnico rossonero ha dovuto far fronte alle tante assenze nel fronte offensivo. Ci sarà pur una ragione, no? E in effetti ad Agosto passa in prestito in B alla Reggina.
ADRIANO (Roma)
La grande incognita? Nel 2009 era ancora all’Inter, ma da tempo non era più lui. E’ in crisi anche esistenziale, si lascia andare, medita pure il ritiro. Torna in Brasile, segna, ma in Italia non credono alla sua rinascita. Finché la Roma lo riporta da noi, accollandosi un rischio davvero azzardato. La paura è di vedere un gordo Ronaldo-bis. Si presenta nella Capitale sfoggiando una sciarpa giallorossa con scritto “Mò te gonfio”, ma lui in primis dà l’impressione di essere “un tantino” sovrappeso. Visibilmente ingrassato, vuol tornare protagonista: fino ad ora l’avete visto? Ranieri assicura che c’è ed è pronto, i compagni garantiscono che tornerà forte come prima. Ma i fatti dicono che non gioca, e di gol neanche a pensarci. Sembra una scommessa persa in partenza. Sembra?
AMAURI (Juventus)
Non è più quello di Palermo. Pagato ben 25 milioni di Euro, quella bianconera è la sua brutta copia. Dopo il ritiro di Nedved ne eredita la maglia, non la classe: vive un’annata in chiaroscuro, con appena 5 reti in campionato e 2 in Europa League, dopo l’eliminazione della squadra dalla Champions. Non che la nuova stagione inizi meglio: niente Mondiali, benché avesse avuto ben due Nazionali da “scegliere”. L’anno scorso Dunga lo convoca, ma la Juve gli nega il nulla osta. Lui prima dice di volere la Seleçao, poi quando si rende conto di non avere possibilità poiché chiuso da altri più in forma di lui, manda messaggi d’amore agli azzurri. Una bandieruola? Prandelli, bontà sua, lo accontenta. A Novembre arriva la ciliegina sulla torta: una brutta distorsione, con interessamento ai legamenti, per chiudere in bellezza un anno da dimenticare al più presto.
BAPTISTA (Roma)
Júlio César Clement Pereira Baptista, per la precisione. Par di risentire vento di Socrates. No, non è il “Dottore”. La “Bestia” - così chiamato per le sue notevoli doti fisiche e balistiche - è un’altra cosa. Ci si aspettava un satanasso di prim’ordine, e invece subirà un declino pressoché costante. Nell’ultima stagione, eccezion fatta per qualche sporadica giocata illuminante, non fa granché. Rende poco, costa tanto: il nono posto nella classifica del “Calciobidone” dell’anno passato è una logica conseguenza. Nove sono anche i gol nella stagione dell’esordio: ci si aspettava un futuro a doppia cifra, e invece vive un’annata da dimenticare a livello personale, con appena tre reti realizzate in campionato e una grande delusione al Mondiale, dato alla vigilia come sicuro protagonista.
BERTOLO (Palermo)
Di origini italiane (nonna piemontese), ma nato e cresciuto in Argentina, nasce come trequartista, salvo poi affermarsi come esterno in un ideale centrocampo a rombo, ma può giocare anche da regista. Zamparini lo aveva definito un grande acquisto, forse ancor più decisivo di quello di Pastore. Si parlava di lui come di un centrocampista di grande tecnica e velocità, capace di occupare tutte le zone del centrocampo e di seguire l’azione per inserirsi in zona gol come pochi al mondo. A conti fatti, qualche sprazzo di genio, un assist importante per Miccoli e nulla più. Ventuno presenze (molte da subentrato), nessun gol e tanti saluti alla Sicilia.
BOLATTI (Fiorentina)
Soprannominato “El Gringo”, per via dei suoi capelli biondi, l’argentino è di origini italiane, poiché la nonna di sua madre era piemontese (come Bertolo!). Quattro i milioni di Euro investiti su di lui: almeno per ora, assolutamente non ripagati. Il grande ex viola Daniel Bertoni ha detto di lui: “E’ più regista che mediano”. Un modo garbato per dire che non si capisce bene quale sia il suo ruolo, considerato che non riesce ad adattarsi a nessuno dei due. Né carne né pesce, insomma.
BURDISSO Guillelmo (Roma)
A scanso di equivoci chiariamo: Guillelmo è il fratello di Nicolas, autore di un ottimo campionato alla Roma ma in prestito dall’Inter, dove è ritornato. E in estate si intavola la complicata trattativa per riportare il pupillo di Ranieri nella Capitale. Nel frattempo, lo stesso Nicolas consiglia il fratellino ai giallorossi: Guillelmo giunge a Roma in Agosto. Tuttavia, nonostante i lusinghieri commenti, aleggia sempre una certa perplessità su Burdisso Junior: è pur sempre “fratello di”, e il passato insegna. In effetti: sta quasi sempre in panchina, e quando gioca sono dolori. Scende in campo praticamente in una sola gara, nell’infausto 1-5 di Cagliari. Il fratello Nicolas, nel frattempo tornato in giallorosso, si fa espellere sul 2-1, e Ranieri decide di sacrificare Totti inserendo l’altro Burdisso e la luce dei romanisti si spegne ancora di più. I giallorossi, con lui in campo, incassano altre tre “bombe”. Come inizio, non c’è male: per ora naviga tra panchina e tribuna.
DATOLO (Napoli)
L’ottavo nano sbarca a Napoli per circa 7 milioni di Euro, da perfetto sconosciuto. Esterno sinistro di centrocampo con vocazione offensiva, nella gara di Torino con la Juve del 31 ottobre 2009 subentra tra le risate dei padroni di casa, che deridono il suo nome. Di lì a poco cambia il corso del match realizzando il gol del momentaneo 2-2; la partita finirà poi 3-2 per il Napoli, 21 anni dopo l'ultimo successo azzurro in casa dei bianconeri. E’ l’unico ricordo che si ha di lui. Anzi no: nel gennaio 2010 posa per la rivista gay argentina “Romeo Mag”. Come Vampeta.
DIEGO (Juventus)
E’ lui il grande incompiuto. Doveva essere la stella della Juve, ma dopo una partenza col “botto” delude le attese, insieme a tutta la squadra. Venticinque milioni di Euro per lui, si prende la maglia 28 perché 2 più 8 fa 10. La matematica non è un’opinione, ma i conti non tornano. La sua miglior gara è quella che segna l’esonero di Spalletti alla Roma: capitolini affossati in casa 3-1 grazie a Diego che segna due reti deliziando i tifosi che già pregustano le sue giocate sopraffine. Invece la sua crescita finisce lì, quando il gioco è appena iniziato: il brasiliano svanisce nella confusione tattica di Ferrara. Non a caso
si piazza sesto nella graduatoria del “Calciobidone” dello scorso anno. A fine stagione viene svenduto al Wolfsburg per 15 milioni.
HITZLSPERGER (Lazio)
Arriva a Gennaio il “Martello” tedesco, così chiamato per la potenza del suo tiro. Dev’essere giunto in Italia con la gommapiuma al posto dell’acciaio: non si ricorda alcuna “bordata” proveniente dai suoi piedi, almeno per quanto riguarda il periodo in cui ha vestito la casacca della Lazio. Solo sei mesi in biancazzurro per lui, assolutamente inconcludenti. Di sassate verso la porta non se ne sono viste, ma è logico supporre che gliene avrebbero tirate volentieri i tifosi laziali a lui. Forse per questo è presto emigrato in Inghilterra, al West Ham.
HOFFER (Napoli)
Ben 27 gol col Rapid Vienna nel campionato austriaco lasciavano presagire un bottino quantomeno in doppia cifra. Invece il bomber teutonico, pur avendo un buon curriculum, non convince appieno, trova poco spazio, gioca 8 gare nel corso di tutto il campionato dimostrando di aver assolutamente perduto il fiuto per il gol. Logico che in Estate se ne vada, in prestito (con diritto di riscatto) ai tedeschi del Kaiserslautern, club neopromosso in Bundesliga, senza lasciare rimpianti.
HUNTELAAR (Milan)
Altra grandissima delusione. Doveva essere il grande acquisto dell’Estate, capace di non far rimpiangere un certo Kakà: esordisce rimediando ben quattro pappine nel derby contro l’Inter, e chi ben comincia è a metà dell’opera. A Novembre la grande illusione: segna le sue prime reti in Serie A con una doppietta nei minuti di recupero nella partita vinta in trasferta per 2-0 a Catania. Si pensa sia l’inizio della sua esplosione, invece resterà per tutta la stagione impalpabile, quasi immobile e spesso anticipato dai difensori avversari. Segna 7 reti, ma delude parecchio in relazione alle sue potenzialità; non a caso in Estate il Milan non gli concede la prova d’appello. E ci sarà stato pure un motivo se in passato il Real Madrid, costretto scegliere uno solo da iscrivere nelle liste Champions tra lui e Diarra, preferì quest’ultimo.
E’ il vice-campione del “Calciobidone” dello scorso anno: ha buona probabilità di migliorarsi, sotto questo punto di vista.
LARRIVEY (Cagliari)
Era soprannominato “El Bati”, per la sua somiglianza fisica con Batistuta. Ma le similitudini con l’ex bomber della Fiorentina finiscono qui. Pur subito schierato titolare, non fu affatto una manna dal cielo per il Cagliari: per questo nelle gare susseguenti gioca qualche spezzone di partita partendo dalla panchina, senza mai riuscire a inquadrare la porta avversaria. Ha difficoltà a integrarsi nel calcio italiano, tant’è che la sua unica rete nel campionato d’esordio la sigla all’ultima giornata. L’anno seguente va a segno alla prima, ma poi subisce una battuta d’arresto. La sua scarsa vena convince Cellino a cederlo in prestito, ma al suo ritorno miglioramenti non se ne vedono: si conferma bomber “d’apertura” realizzando il primo gol della stagione 2009/2010 contro il Napoli. Doti che
gli consentono di giungere settimo nella graduatoria del “Calciobidone 2009”. Lascia il Cagliari in estate dopo tre stagioni abbastanza incolori, con appena 5 reti al suo attivo.
MANCINI (Inter/Milan)
Il suo trascorso nella doppia sponda milanese è contraddistinto dall’involuzione. L’esterno vivace e dinamico della Roma, capace di svolazzare sulla fascia come pochi, è solo un lontano parente dell’Amantino visto a “San Siro”. Giunto all’Inter per 13 milioni di Euro, finisce spesso in panchina o in tribuna, poiché resosi protagonista di prestazioni assai incolori. Per questo finisce in prestito al Milan, ma già all’esordio a Bologna delude fortemente: indietro dal punto di vista fisico, non riesce a saltare mai l’uomo. In più lancia frecciatine al suo allenatore portoghese:
«Forse all’Inter potevo dare un pò di più ma il modo di giocare di Mourinho mi ha condizionato. Josè è bravo, ora però il mio mister è Leonardo, uno che di calcio ne capisce». Non a caso, il tecnico rossonero, dopo avergli concesso qualche chanche, preferisce accantonarlo a sua volta: un vero e proprio flop.
Lo scorso anno ha sfiorato il podio del “Calciobidone” 2009, giungendo quarto.
MELO (Juventus)
La Juve si è abbonata: altri 25 milioni di Euro per Felipe, dopo quelli sborsati per Amauri e Diego. Sarà tris di flop. Come Diego illude i tifosi segnando contro la Roma all’Olimpico il gol dell’1-3 finale dopo una progressione palla al piede. Come Diego, anche Melo disputa un campionato al di sotto delle aspettative, cosa che lo porta ad un rapporto difficile con i tifosi, i quali lo hanno spesso contestato. Nonostante la stagione negativa, Dunga lo convoca ai Mondiali e lo elegge quale faro dei verdeoro. Grave errore, poiché per il brasiliano è notte fonda: nella gara dei quarti contro l’Olanda, che costerà l’eliminazione (1-2), dopo aver fornito l’assist a Robinho per il vantaggio, prima causa un’autorete per il pareggio olandese, quindi lascia libero Sneijder di colpire indisturbato di testa per il 2-1 e poi rimedia un’espulsione dopo aver dato un pestone a Robben, venendo duramente criticato in patria da stampa e tifosi. Che per lui hanno solo parole di fuoco, e lo bollano quale capro espiatorio dell’eliminazione.
Sul gradino più basso del podio del “Calciobidone” 2009, ha tutte le carte in regola per ripetersi.
MUTU (Fiorentina)
Forse molti non lo considereranno un vero e proprio flop, ma ultimamente il rumeno si è fatto conoscere più per ragioni di cronaca che per i suoi gesti atletici. E Adrian non è nuovo a queste cose. Quando era al Chelsea fu trovato positivo alla cocaina e quindi licenziato dal club londinese, quindi multato per ben 17 milioni di Euro. Una stagione altalenante alla Juve con 7 reti, poi risorge a Firenze. Ma ultimamente non ne azzecca una. A Gennaio viene trovato positivo all’antidoping: sospeso per nove mesi. Nel frattempo, ad Aprile, all’uscita da un locale di Firenze è coinvolto in una rissa. Torna in campo ad Ottobre, ma lo si nota sempre fuori: aggredisce un cameriere kosovaro dopo un diverbio su un conto da pagare, provocandogli profonde ferite sulla fronte, sul naso, e lividi sotto gli occhi. Di gol, invece, manco a parlarne.
ONYEWU (Milan)
E’ il difensore statunitense più alto di sempre. Questa è la sua principale caratteristica. Il Milan lo prende a parametro zero, lui esordisce in Champions contro lo Zurigo nella gara clamorosamente persa in casa di misura. Mezz’ora basta per convincere i tifosi che non è assolutamente all’altezza: lento, timido ed impacciato, soffre molto la pressione di “San Siro”. Questa fugace apparizione e poi non gioca più, anche perché subisce un grave infortunio che lo tiene fermo per tutta la stagione. Torna ad allenarsi, ma si fa notare a Novembre solo per una violenta lite in allenamento, caratterizzata da insulti e smanacciate, con Ibrahimovic. Scontro tra titani. Irascibili.
QUARESMA (Inter)
Arriva fortemente voluto da Mourinho nel 2008, e il suo marchio di fabbrica, la “Trivela”, non la vede nessuno. Diciotto milioni di Euro in contanti, soldi gettati. A Gennaio finisce al Chelsea, dove finisce la stagione, ma non è più l’ottimo giocatore visto al Porto. Torna all’Inter, ma non è in forma e le sue prestazioni sono ai limiti del comico: San Siro lo fischia ogni volta che tocca palla, alla fine gioca pochissimo e non segna mai. Mourinho, all’indomani della vittoria in Champions, annuncia che lascia l’Inter per il Real Madrid. Moratti, infastidito, arriva a dire:
«Ti libero solo se porti con te Quaresma». Che si arriva a fare pur di sbolognarlo. L’ala portoghese ha già vinto il “Bidone d’Oro” 2008, ed è pure
il vincitore indiscusso della prima edizione del “Calciobidone”. Il tempo passa, le prestazioni restano le stesse, e quindi anche le probabilità di fare doppietta. Non sarà triplete come quella nerazzurra, ma sempre meglio di niente.
RUBINHO (Palermo/Livorno)
L’ultima stagione è stata un incubo, un errore dietro l’altro. Fratello dell’ex interista Ze Elìas, era titolare al Genoa ma un periodo di forte appannamento convince la dirigenza ad effettuare lo scambio con il Palermo: l’azzurro Marco Amelia dalla Sicilia in Liguria, per il brasiliano il percorso inverso. In rosanero parte titolare ma qualche papera di troppo finisce per relegarlo in panchina: prima uno strano gol subito dalla Spal, poi una mancata uscita col Parma, infine lo scivolone sui piedi di Okaka che costa ai rosanero la vittoria con la Roma. Le buone prestazioni dell’italianissimo Sirigu lo fanno retrocedere a terza scelta nella gerarchia del Palermo poiché in odore di trasferimento. A Gennaio infatti cambia aria e si accasa al Livorno, dove si riscatta solo parzialmente: a fine stagione i labronici retrocedono. Il declassamento si avvera anche per il portiere brasiliano, che dopo essere stato vicino alla Roma e al Chievo finisce in B al Torino dove spera che la sua involuzione subisca una battuta d’arresto.
TIAGO (Juventus)
Il portoghese giunge alla Juve nel 2007 per 13 milioni di Euro. Già la prima stagione si rivela un flop: il suo rendimento è di basso profilo, tant’è che Ranieri gli preferisce spesso Cristiano Zanetti, che proprio fenomeno non è. Nella stagione seguente pare migliorare, nonostante i (tanti) propositi di cessione all’estero. Peccato che una brutta distorsione lo frena. Il suo rendimento cala ulteriormente, e molte gare sono caratterizzate da grossolani errori. L’anno scorso, infatti,
giunge terzo al Bidone d’Oro e settimo nel Calciobidone. Le sue prestazioni scadenzi fanno da preludio alla cessione, a che arriva nel Gennaio 2010: finisce all’Atletico Madrid.