Tutto il peggio del calcio italiano tra equivoci, errori clamorosi e “papere” storiche. Dal 1980 ad oggi.

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— Intervista a Cristian Vitali
«Le “stecche” del pallone»


Tutto il peggio del calcio italiano, tra equivoci, errori clamorosi e “papere” storiche. Ma forse sono queste irregolarità che rendono così appassionante questo magnifico sport. Raccontaci gli episodi più gustosi o tremendi.


06/02/2008

di Emanuele Benvenuti

Libero.it

Raccontaci qualcosa di te: chi sei, dove vivi, cosa fai, le tue passioni.

«Mi chiamo Cristian Vitali, ho 27 anni e sono di Sabaudia, Provincia di Latina. Fin da piccolo ho avuto la passione per il giornalismo: ho svolto un corso a Roma, presso la Macino Comunicazione, che mi ha permesso di frequentare uno stage in Radio con Francesca Bonfanti, la “voce” che chiamava Paolo Bonolis a Sanremo 2005. Ho fatto anche il telecronista per una squadra di Eccellenza, il Priverno, e per circa un anno ho seguito il campionato di Eccellenza laziale per il quotidiano di Latina “Il Territorio”. Per questo ringrazio Domenico Ippoliti, un amico che mi ha insegnato tanto. Tutto questo però, a tempo quasi perso. Nel frattempo ho vinto un concorso pubblico e attualmente lavoro a Piacenza. Ma nel tempo libero non dimentico le mie passioni: il calcio e le automobili».

Come ti è venuta l’idea di aprire un blog sui bidoni del calcio?

«L’idea è partita quasi per caso, ho frequentato un corso come progettista web e per la parte pratica ogni studente doveva costruire un sito. Quasi per scherzo, ho scelto l’argomento dei “bidoni”. Poi, al termine del corso, visto e considerato che ho ricevuto i complimenti di tutti, più di qualcuno, forse anche scherzando, mi ha esortato a pubblicarlo. E così ho fatto. Tra l’altro, coltivo un sogno: se trovassi anche qualcuno che me lo pubblicasse, mi piacerebbe scrivere un libro su questo argomento».

Cosa definisce esattamente un bidone? È solo uno scarso o anche solo uno peggiore di quanto ci si aspettava?

«Entrambe le cose. Premetto che, per non disperdermi troppo, ho deciso di inserire solo ed esclusivamente giocatori stranieri, poiché un giocatore italiano andrebbe valutato per singole esperienze, e non si finirebbe più. Il termine bidone, secondo la mia filosofia, inquadra un giocatore che in primis è stato obiettivamente protagonista in negativo. Ma per arrivare a coniugare questo appellativo ad un calciatore vanno considerati tutti gli aspetti della sua esperienza in una squadra. E’ facile leggere solo le statistiche e dire: “E’ un centrocampista, ha segnato 6 gol, non può essere un bidone!” Niente di più sbagliato. Bisogna “entrare” nel personaggio e in tutte le sue vicissitudini, oltre che valutare le aspettative in relazione alla fama del giocatore. Prendiamo Rivaldo, grande campione. Ma nel Milan ha completamente deluso. Oppure Bergkamp. Ottimo nell’Arsenal, ma provate a chiedere a un tifoso interista come giocava a San Siro. Oppure Kluivert. Devastante nell’Ajax, inguardabile in rossonero. Molti che hanno visitato il mio sito non consideravano come tali alcuni giocatori. Ma io analizzo tutto il contesto dell’avventura italiana di ogni bidone, il cui giudizio non si ferma alle prestazioni sul campo, ma anche alle “grane” che ha fatto passare al club che lo ha acquistato (vedi passaporti falsi, oppure le frequenti “saudade” per il carnevale tra i brasiliani). Situazioni quasi comiche, che non possono non incidere sul loro giudizio».

Nella lista dei bidoni hai messo anche alcuni mostri sacri (come Socrates) e giocatori più che discreti (come Mexes): come mai?

«Per quanto riguarda Mexes è stato un errore. O meglio, una valutazione incompleta. La scheda presente nel sito si riferisce al suo primissimo periodo alla Roma, quando anche i giornali non lo avevano valutato come un buon acquisto. I primi tempi, vuoi per l’ambientamento e soprattutto per i problemi sorti in merito al suo trasferimento, il giudizio su di lui non poteva essere positivo. Purtroppo poi, per ragioni di tempo, non ho più aggiornato il sito (cosa che farò di recente: ho già pronte le schede di Amor, Athirson, Blissett, De La Pena e Detari) e nel frattempo, Mexes si è ripreso alla grande. Infatti, presto rimuoverò la sua scheda. Per quanto riguarda invece Socrates, il giudizio resta, poiché, come nel caso di Edmundo, si trattava di un giocatore di qualità, ma che purtroppo, a causa di un caratterino difficile e di una eccessiva indolenza, per le sue potenzialità poteva fare molto, molto di più. Ed invece in Italia ha sostanzialmente deluso. E quante se ne sono dette sul suo conto»!

Chi è o è stato il “principe dei brocchi” del nostro campionato?

«Difficile dirlo: a mio parere, una classifica non si può fare a priori. Si può dare un voto complessivo alla (dis)avventura italiana del brocco in questione, ma ognuno ha una sua storia ben distinta. Se vogliamo fare dei nomi “clamorosi”, non posso non citare meteore storiche come Andrade, Pancev e Anastopoulos. Più vicini a noi ci sono invece Vampeta, Henry e Jardel. Ma di nomi me ne vengono a bizzeffe. Non c’è solo la Serie A. Per esempio potrei citare Ze Meyong del Ravenna, che quasi sicuramente nessuno conosce. O quello di Petar Puaca, inesistente centravanti della Cremonese. E potrei continuare all’infinito».

Quale squadra ha avuto la collezione di “scarsi” più ricca?

«Ovviamente nell’occhio del ciclone ci sono le squadre più blasonate: più stranieri acquisti, più probabilità hai di incappare in affari sballati. In particolare, considerando anche la “qualità” dei bidoni, la squadra che più si è messa in luce è l’Inter, grazie all’era Moratti. Brechet, Caio, Choutos, Rivas, Gresko, Pacheco, Sorondo e Vampeta sono nomi clamorosi. Per non parlare dei “pacchi” degli scambi con il Milan (vedi il passaggio, tra gli altri, dei vari Pirlo e Seedorf in cambio di Brncic e Guly). Comunque, anche i rossoneri si sono dati da fare, con gente come Andreas Andersson, Beloufa, Smoje, Bogarde, Raiziger, Kluivert e Nilsen. Tra le squadre meno titolate, invece, si sono distinte il Genoa con Badra, Beelenkamp, El Ouaer, Bouzaiene, Gabsi, Lassiter, Marquet, Sobczak, Van Dessel, Val Kallen e Ariel Lopez, il Perugia del “mitico” Gaucci, con nomi improbabili come Emmers, Pandolfi, Emerson Pereira, Loumpoutis, Thorninger e Versavel, e la Reggiana, che portò in Italia, tra gli altri, Kent, Isibor, Ragnell, Rui Aguas e Nemsadze. Roba da mettersi le mani nei capelli, c’è l’imbarazzo della scelta»!

Dopo la sentenza Bosman i bidoni in circolazione sono aumentati o diminuiti?

«Senza ombra di dubbio sono aumentati in maniera esponenziale! Io stesso a volte scopro dei giocatori di cui non ne conoscevo nemmeno l’esistenza. Prima non era così. Dopo la riapertura delle frontiere gli stranieri erano al massimo tre per squadra; adesso c’è l’invasione. Prendiamo l’Inter: spesso e volentieri, in campo ci sono solo stranieri. E questo non è positivo: la favola del Piacenza tutto italiano è solo un bel ricordo».

Qual è il bidone di questa stagione secondo te? E quale la rivelazione, invece?

«Non ho dubbi per quanto riguarda il bidone per eccellenza fin qui visto: Tristan, 1 gol con il Livorno, lontano anni luce dallo splendido centravanti visto al Deportivo La Coruna e conteso all’epoca da tanti club europei di vertice. Hanno deluso anche Tiago e Almiron, acquistati per più di 20 milioni di Euro dalla Juve. Soprattutto Almiron che – guarda il destino – è nato quando sono nato io, ha deluso moltissimo. Sembrava dovesse spaccare il mondo, ci si aspettava molto da lui. Ma ad Empoli tutti lo abbiamo ammirato, per questo non lo considero propriamente un “bidone”. Tra gli stranieri esordienti nel nostro campionato, invece, si sta rivelando un ottimo giocatore Hamsik del Napoli».

Ci sono più bidoni tra gli arbitri o tra i giocatori, oggigiorno?

«Bella domanda. Sicuramente da un punto di vista quantitativo sono di più i giocatori. Ma dal punto di vista qualitativo, credevo fino a un anno fa, in un miglioramento dell’operato degli arbitri, soprattutto con la presenza di un mito come Collina. Invece, ho dovuto ricredermi. Le cose anche tra gli arbitri non stanno andando molto bene, però è anche vero che qui in Italia si parla troppo: basta guardare Biscardi. Con il risultato che anche piccoli errori, obiettivamente non gravi, vengono troppo messi in evidenza dai mass-media, tali da diventare addirittura osceni. Anche se in realtà non lo sono».

Non è un periodo sereno per il mondo del calcio: quali pensi siano i suoi problemi più gravi?

«Il calcio si è trasformato da quando le società hanno sposato il fine di lucro. Il problema è il business che c’è intorno. Lo slogan “l’importante non è vincere, ma partecipare” del Barone De Coubertin oggi non è più attuale. Oggi lo sport in generale ha perso l’iniziale aspetto “ludico”: l’importante è vincere, nella maniera più assoluta. Ci sono troppi soldi e troppi interessi in mezzo. E quindi, i valori cardine dello sport vanno a farsi benedire; bandiere e giocatori simbolo come Maldini, Baresi e Bergomi appartengono al passato. Il giocatore, in virtù dell’attuale situazione del “sistema”, diventa un “mercenario”, pronto a lasciare in qualsiasi momento la squadra in cui si trova solo per denaro. Ed ecco spiegato anche il motivo del proliferarsi dei bidoni, che aumentano sempre di più. Mi preoccupa anche il fatto che il calcio è diventato una farmacia: aveva ragione Zeman! E lo dimostrano tutte le morti “sospette” di tanti giocatori del passato. Come rimpiango un calcio “genuino” e “casereccio”, sullo stile di quanto visto nel film di Lino Banfi “L’Allenatore nel Pallone”».


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