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Da Eriberto a Luciano: ecco una ala dalla doppia identità


L’enigmatico esterno brasiliano da ben quindici anni in Italia: per lui non solo due nomi, ma anche una carriera dai due volti


06/06/2014

di Cristian Vitali

Luciano, futuro Eriberto, nasce a Rio De Janeiro il 31 Dicembre 1975, e fin da piccolo sogna di diventare un calciatore. Tuttavia, la realtà è per lui ben diversa: rimane presto orfano sia del padre che della madre ed in serie difficoltà economiche. Forse solo il suo talento avrebbe potuto strapparlo alla povertà da cui cerca in ogni modo di fuggire. All’epoca Luciano aveva 19 anni, era senza lavoro e dipendeva totalmente dalla sorella ed dal cognato, che si presero cura di lui. Però giocava bene a pallone, pertanto un giorno gli si presentò un faccendiere senza scrupoli, che gli disse di essere un procuratore, proponendogli dei provini presso delle prestigiose squadre brasiliane. L’unico problema era la sua età: troppo “vecchio” per poter essere ingaggiato da un club professionista. Quindi ecco la proposta di falsificare i suoi documenti: in cambio, la promessa di sostenere con successo alcuni provini e di sfondare nel calcio. In caso di rifiuto, sarebbe dovuto tornare a casa con le “pive nel sacco” e con la magra prospettiva di fare qualsiasi altra cosa tranne che il calciatore. Fu così che nell’Aprile del 1996 Luciano Siqueira De Oliveira divenne Eriberto Da Conceicao Silva, la cui data di nascita era il 21 Gennaio 1979. Ringiovanito di colpo di 4 anni: gli effetti si fecero sentire presto, visto che dopo pochissimo il “giovane” Eriberto venne tesserato dal Palmeiras di Rio De Janeiro.

Da allora, per lui una carriera quasi tutta in discesa, con la convocazione nell’Under 21 brasiliana e poi il fulmineo passaggio in Italia, al Bologna. Il nuovo Eriberto giunge nel capoluogo emiliano nell'Estate del 1998, per la modica cifra di 5 miliardi di Lire. Tuttavia, pare che il denaro gli abbia dato alla testa. Tanto, troppo. Infatti, in rossoblu viene ricordato più che per le sue giocate, visto che spesso si intestardisce in dribbling impossibili, per le sue avventure extracalcistiche: in più di un’occasione viene fermato dalla Polizia ubriaco alla guida e perdi più contromano sui viali della circonvallazione, inimicandosi così buona parte della tifoseria. Pertanto, dopo due mediocri stagioni, durante le quali gioca ad intermittenza, è scontata una sua cessione, che avviene nel 2000, quando passa al Chievo, in Serie B, conquistando immediatamente la promozione nella massima Serie, la prima nella storia del piccolo club clivense.
Nel 2001 diventa così parte integrante del cosiddetto “Chievo dei Miracoli” che, sorprendendo tutti, riesce ad arrivare quinto in classifica alla fine del torneo, costituendo, assieme a Christian Manfredini, la migliore coppia di esterni del campionato. Era giunto quindi all’apice della carriera, visto che aveva tutto: aveva finalmente coronato il suo sogno, aveva denaro a palate e la notorietà. Forse per questo l’unica cosa che gli mancava era il suo cognome, visto che era diventato prigioniero di un nome che non gli apparteneva, che dentro di lui risuonava come un corpo estraneo. Pertanto, dopo mille dubbi e tanti notti tormentate, nell’Agosto del 2002 Eriberto decide di autodenunciarsi, rivelando pubblicamente il segreto della sua vera identità. Alla base della decisione, presa insieme alla compagna Raquel, la voglia di regolarizzare la sua posizione: «Non mi chiamo Eriberto ma Luciano, non ho 23 anni ma 27, non posso più fingere e voglio che mio figlio, almeno lui, si chiami col suo vero nome». Senza contare che quel famoso faccendiere non solo ha sempre continuato a chiedergli denaro in cambio del silenzio, ma addirittura c’è chi dice che potrebbe essere proprio lui il vero Eriberto. «Non sapevo più chi ero, avevo crisi d’identità profonde, pensavo a quando mio figlio che adesso ha due anni sarebbe cresciuto: come lo avrei chiamato? Invece oggi sono contento come un bambino, mi sono tolto una tonnellata dalle spalle e sono pronto a tutto, anche alla squalifica o all’arresto».
La notizia fa scalpore in tutto l’ambiente, il procuratore di Eriberto – pardon, Luciano – un certo Pedrinho, assiste il giocatore nel corso della vicenda, difendendolo a spada tratta.«E pensare che noi lo prendevamo sempre in giro dicendogli che sembrava molto più vecchio rispetto alla sua età» disse Gianluca Pagliuca, compagno di Luciano nel Bologna. Alla fine, dopo tante chiacchiere, il 18 Settembre dello stesso anno, la Commissione Disciplinare della F.I.G.C., riunita appositamente, decise di sospenderlo da ogni attività sportiva per un periodo di 6 mesi, “per avere volontariamente tenuto una condotta non conforme ai principi della lealtà, della probità e della rettitudine, nonché della correttezza morale e materiale”. Poco male. Terminato il periodo di squalifica, Luciano tornò a giocare nel Chievo, e nell’estate successiva lo acquistò l’Inter, memore delle sue favolose sgroppate sulla fascia di competenza che avevano incantato l’Italia del pallone.
Fu in questo momento che accadde l’inimmaginabile: tutti pensarono che il nuovo Luciano, liberatosi da quel peso opprimente che si teneva dentro, si sarebbe sentito molto più leggero, conseguentemente avrebbe giocato ancor meglio di quanto fece vedere con la maglia dei clivensi. Ed invece, proprio in concomitanza con il ritorno al suo vero nome, a tutti sembra di avere a che fare anche con un giocatore completamente diverso, una pessima controfigura del fantastico giocatore che con la maglia del Chievo ci aveva incantato facendo a fettine temibili dirimpettai di fascia. L’Eriberto da tutti ammirato è scomparso, e al suo posto c’è un Luciano che sembra lontano anni luce da quanti tutti ricordavano. Il giocatore brasiliano subisce una netta involuzione che pare condannarlo definitivamente. Infatti, di lui in maglia nerazzurra si ricorda a malapena un misero tentativo di cross (peraltro fallito) con la palla finita a fondocampo, nella gara contro il Modena. Altre quattro ignobili gare bastarono per convincersi che l’Inter voleva Eriberto, e non Luciano.
Già a Gennaio quindi, il brasiliano viene rispedito nuovamente al Chievo che si dice contento di riaccoglierlo. E da lì saranno dieci anni di oneste sgroppate, senza eccellere ma anche senza demeritare, indossando spesso la fascia di Capitano e arrivando ed essere inoltre quinto nella classifica di presenze totali in campionato con la maglia gialloblù, secondo per numero di presenze in Serie A con i clivensi, dietro Sergio Pellissier. Ma nel 2013, il Chievo gli dà il benservito annunciando che non avrebbe rinnovato il contratto all'ormai trentasettenne giocatore. Incassato il colpo, decide di spendere gli ultmi suoi spiccioli di carriera al Mantova, ripartito dalla Serie C2. Peccato però, che dopo due mesi e sole 6 presenze, il club rescinde il contratto a causa delle scarse prestazioni del brasiliano. Quindi, l’ex spina nel fianco del Chievo dei miracoli ha continuato per ben dieci anni nella sua lenta ma graduale involuzione sull’out destro dei clivensi. Ecco perché ai tempi di Eriberto il brasiliano sgroppava sulla fascia come un dannato, senza stancarsi mai: sembrava che scappasse da qualcosa, ora sappiamo che cercava disperatamente di fuggire dall’ombra di quel mediocre giocatore che portava il suo vero nome, senza riuscirci. Infatti, proprio in coincidenza alla scoperta del nuovo e mediocre Luciano, dell’ottimo Eriberto è rimasto solo il ricordo.


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