Tutto il peggio del calcio italiano tra equivoci, errori clamorosi e “papere” storiche. Dal 1980 ad oggi.

L’alter-ego Aristoteles, dal cinema alla realtà


Nel mitico film-cult di Lino Banfi possiamo rileggere le disavventure patite, a vario titolo, dai brasiliani Tuta e Luis Silvio


01/06/2011

di Cristian Vitali

Esistono numerosi parallelismi tra le vicissitudini dei vari “bidoni” visti in azione nel campionato italiano e la trasposizione cinematografica in salsa comica del mondo del pallone dello stivale degli anni ottanta. L’ormai celeberrimo film di Lino Banfi “L’Allenatore del Pallone” del 1984 è diventato un vero e proprio cult apprezzato da una vasta platea di persone, e delle più disparate: si va dagli adolescenti agli anziani che apprezzano questa comicita’ leggera, dal nostalgico che visse la propria giovinezza in quegli anni all’appassionato di calcio che può rivedere giocatori e addetti ai lavori dei ricordi d’infanzia, dirigenti ed allenatori, vero e proprio spaccato dell’ambiente pallonaro dell’epoca.
Un film che può anche essere considerato come la miglior caricatura del calcio nostrano. Fino ad un certo punto, però: pochi sanno, infatti, che la vicenda dell’acquisto di Aristoteles (interpretato dal bravissimo svizzero di colore Urs Althaus), con Canà inviato dal Presidente in Brasile assieme ad un mediatore faccendiere (Andrea Roncato) che aveva contatti con un venditore di bibite allo Stadio (Gigi Sammarchi), ha parecchie similitudini con una storia vera, quella che portò pochi anni prima un certo Luis Silvio Danuello alla Pistoiese. All’epoca, l’anno della riapertura delle frontiere agli stranieri, l’esperienza delle dirigenze sul mercato estero era piuttosto modesta, così come quella del Presidente della Longobarda, disposto a mandare alla ventura il proprio allenatore nella terra del Carnevale senza una precisa destinazione o qualche segnalazione certa. Tutti sanno che negli anni ottanta il giocatore brasiliano aveva un fascino irraggiungibile, tant’è che le maggiori attenzioni erano rivolte verso quel paese: il calciatore carioca sembrava dovesse essere una spanna sopra tutti gli altri, tutti coltivavano la speranza di trovare un nuovo Pelè (anche se Maradona era sempre Maradona).
Anche la Pistoiese, anzichè inviare un esperto dirigente, mandò in Brasile l’allenatore in seconda, Giuseppe Malavasi, su segnalazione del procuratore uruguaiano Juan Figer Svirski, una sorta di Paco Casal dell’epoca. Entusiasta e determinato, si mise subito all’opera, giungendo ad assistere ad un’amichevole del Ponte Preta, in cui gioca un certo Luis Silvio. Nel film Canà segue il mediatore, che lo porta a vagare tra spiagge e feste mascherate (sempre condite da presenze femminili) per poi giungere al Maracanà dal compare Giginho, che tramano di imbrogliare l’allenatore pugliese spacciando un foglio con un semplice autografo di Leo Junior (che invece finì al Torino, proprio come nella realtà) come il contratto da lui firmato con la Longobarda. Gli scalcinati ed improvvisati procuratori imbroglioni però, si riscattano portando Canà ad un campetto di periferia, per assistere a bordo campo ad una partita in cui si mette in mostra un giocatore sconosciuto, che segna a ripetizione. Il mister Oronzo non si fa sfuggire l’occasione e lo porta in Italia, così come fece Malavasi con Luis Silvio, di cui si dice che fu l’autore delle due reti dell’incontro cui assistette il tecnico della Pistoiese.
Giunti in Italia, Luis Silvio nella realtà nel 1980, Aristoteles al cinema quattro anni più tardi, vissero esperienze profondamente distanti: se Luis Silvio fu destinato, causa equivoci tattici ed incomprensioni marchiane, ad essere accantonato con la poco inviabile nomea di bidone, “Ari” – come fu soprannominato nel corso del film – nonostante la saudade, a sorpresa si rivela un fuoriclasse dal gol facile, sulle cui spalle passava la salvezza della Longobarda, l’immaginaria squadra guidata da Canà. Grazie a lui, infatti, il campionato finirà in modo diverso da quanto preventivato, con una meritata salvezza.
A dimostrazione del fatto che esiste una trama divina a legare il destino dei giocatori incompiuti, i più attenti avranno notato che Aristoteles, o meglio l’attore che lo personificò, somiglia in maniera impressionante al brasiliano Moacir Bastos Tuta, centravanti del Venezia di una decina di anni fa, che rimase coinvolto nell’ormai famosissimo caso del gol del vantaggio da lui realizzato al Bari, i cui festeggiamenti stranamente non trovarono riscontro nei compagni, che quasi finirono per osteggiarlo, circostanza che – unita al fatto che al termine della gara ci fu una rissa tra gli stessi giocatori veneti che coinvolse il povero e ignaro Tuta – alimentò i sospetti di una combine tra le due squadre per un pareggio concordato sin dall’origine.
E, ironia della sorte, nel corso del film molti giocatori della Longobarda si mettono contro al brasiliano Aristoteles, finendo per non passargli più la palla, giocando addirittura contro di lui ed emarginandolo dal gruppo poichè invidiato dai compagni che non apprezzano i troppi complimenti dell’allenatore rivolti al solo pupillo. Tanta è la rabbia in corpo di Ari, al punto tale che, spinto dall’orgoglio, finisce per giocare da solo, quasi come avvenne con il povero Tuta, che si ritrovò a festeggiare da solo, quasi osteggiato dai suoi stessi compagni.
Altra similitudine, questa, che unitamente all’alchimia dettata dal calcio scommesse e dai vari scandali che si sono susseguiti (Calciopoli docet), non fa altro che ergere Aristoteles a vera, grande, magnifica e perfetta caricatura del calcio nostrano.


Copyright © 2006 Calciobidoni.it — Le Meteore e i Bidoni del calcio italiano | Webmaster Cristian Vitali

Qualsiasi materiale pubblicato (testi ed immagini) può essere riprodotto a condizione che venga citata la fonte — Calciobidoni.it