Tutto il peggio del calcio italiano tra equivoci, errori clamorosi e “papere” storiche. Dal 1980 ad oggi.

Nome e Cognome:

José Battle Teixeira Perdomo


Luogo di Nascita:

Salto (Uruguay)


Data di Nascita:

05/01/1965


Ruolo:

Centrocampista


Posizione:

Mediano


Squadra:

Genoa

Voto al Bidone:

9


In una parola:

Cagnesco



Josè Perdomo


Secondo Boskov il suo cane avrebbe giocato meglio di lui


06/11/2015

di Cristian Vitali

«Si scrive Perdomo, si legge Perdemmu»
(1989/90)

Striscione dei tifosi del Genoa che ironizzano sul nome del giocatore uruguayano storpiandolo in “Perdemmu”, che in dialetto genovese significa “perdiamo”.
«Perdomo, Perdomo, Perdomooo...»
(1989/90)

Coro dei tifosi del Genoa cantato sul ritmo della canzone “Perdono” di Caterina Caselli, approfittando dell’assonanza con il cognome del giocatore uruguayano.

Fu il compianto Franco Scoglio a volere a tutti i costi Josè Batlle Texeira, meglio conosciuto come Perdomo, nel suo Genoa: è stato lui l’artefice primo del suo arrivo in Italia. Il “Professore” era appassionato di calcio sudamericano e nell’estate del 1989, gasato dall’approdo dei rossoblu in Serie A, si occupò personalmente del calciomercato battendo i campi del Sudamerica alla ricerca di talenti a prezzi ragionevoli. E da quelle terre piazzò un tris di acquisti: l’attaccante Pato Aguilera e i centrocampisti Perdomo e Ruben Paz. Quest’ultimo fu prelevato dal Racing Club, gli altri due dal Penarol. Estasiato dal trio degli olandesi del Milan, probabilmente Scoglio volle emularne le gesta, proponendo un altro trio che però riuscì ad ottenere buoni risultati solo per un terzo: se infatti Aguilera diventerà un beniamino della Gradinata Nord, gli altri due rimasero a Genova una sola stagione, non certo da ricordare. Perdomo, in particolare, acquistato per soli 130 milioni di Lire, era un “volante central”, ovvero un centrocampista, non proprio velocissimo, ma già nel giro della Naizonale. Un entusiastico Sandro Ciotti ebbe per lui parole al miele al termine di un’amichevole disputata tra Italia ed Uruguay a Verona: finì 1-1, gol di Roby Baggio e Aguilera. Il Commissario Tecnico degli azzurri era Azeglio Vicini, quello della “celeste” Oscar Washington Tabarez. E Perdomo disputò una gara eccellente.

«E’ il più grande volante central del mondo»
(Franco Scoglio, allenatore Genoa)
«In campo sarà una pacchia. Per tanti motivi. Primo, con Aguilera ho già giocato nel Penarol e con Ruben Paz in nazionale: problemi d'intesa, fra noi, manco a parlarne. Secondo, il Professor Scoglio, un uomo che vive e sa di calcio come pochi al mondo, non ci ha scelti a caso. Voleva giocatori del nostro Paese, perché il suo Genoa dovrà assomigliare all’Uruguay. Anzi, gli assomiglia già. L’unica differenza è che qui facciamo il pressing»
(Josè Perdomo, centrocampista Genoa | «La Stampa», 14/08/1989)
Quando vestì la maglia del Genoa, però, si rivelò un giocatore quasi inutile: in teoria avrebbe dovuto costituire il cardine del gioco rossoblu (una sorta di Pirlo), giocando mediano davanti alla difesa. E invece fu lento e compassato, faticando a rincorrere gli avversari, venendo bollato come “cattivo” risultando estremamente falloso. Il fatto di non riuscire a reggere i ritmi lo porta ad aumentare la sua aggressività, e quindi colleziona parecchi cartellini gialli. Lo stesso giocatore nelle interviste non aveva timore di sventolare ai quattro venti la sua attitudine nel ricevere ammonizioni. Non è un caso se poi i tifosi del Grifone finirono per chiamarlo “Perdemmu” (“perdiamo” in dialetto genovese). Senza mai convincere, al termine della stagione fu ceduto al Coventry City in Inghilterra, il quale a sua volta, dopo pochi mesi lo girò in Spagna al Betis Siviglia dove concluse mestamente la sua breve e deprecabile esperienza europea, tornandosene in Uruguay: prima al Gimnasia La Plata, poi riabbracciando il Penarol e quindi chiudendo la carriera nel 1995 nel modesto Basanez, club di secondo piano di Montevideo, che proprio in quell’anno ottenne per la prima volta nella sua storia l’accesso al campionato di vertice e concludendo “in bellezza” con un’immediata retrocessione. Tutt’oggi Perdomo è universalmente ricordato per un’espressione, entrata negli annali del calcio umoristico, pronunciata da Vujadin Boskov, all’epoca allenatore della Sampdoria, prima di un Derby: «Se sciolgo il mio cane, gioca meglio di Perdomo». Un insulto, una frase ironica, conosciuta ancora oggi dalle nuove generazioni, che però al tecnico jugoslavo costò il deferimento al Procuratore Federale dal parte del suo stesso club, nonché parecchi milioni tra multa per diffamazione e sanzioni applicate dal club. Il prezzo pagato per non vederselo più tra i piedi?
AGGIORNAMENTI — Chiusa la carriera ad appena 30 anni, per due brevi periodi ha allenato due club di secondo piano di Montevideo: nel 2000 il Villa Espanola e nel 2002 il Tacuarembò.


«Eccomi nella nuova patria del football, ed è proprio ciò che volevo. Non sono un morto di fame, nel senso che i soldi hanno la loro importanza, ma non bastano ad allontanare un calciatore uruguayano da casa sua. In questo, siamo diversi da argentini e brasiliani: forse perché, rispetto alle loro, la nostra è una nazione più ricca»
(Josè Perdomo, centrocampista Genoa | «La Stampa», 14/08/1989)

«Perdomo, inizialmente discusso, incomincia a trovarsi a suo agio nella parte di centromediano metodista che Scoglio gli aveva già affidato prima ancora di vederlo in campo. La visione di gioco, la prontezza e la precisione nei lanci lunghi sono quelle di un campione. L’unico neo sta in un certo difetto di dinamismo che lo porta fatalmente, per il ritardo negli interventi, a qualche esuberanza agonistica»
Gianni Pignata, giornalista | «La Stampa», 19/02/1990)

Stagione Squadra Presenze Reti
1983-89 Penarol 23 7
1989-90 Genoa 25 -
1990-91 Coventry City 4 -
Gen. 91 Betis Siviglia 6 1
1991-92 Gimnasia La Plata 16 2
1992-93 Inattivo
1993-94 Penarol 12 -
1994-95 Basanez
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