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Dopo Socrates, un altro brasiliano lascia questo mondo, per un grave incidente automobilistico, a soli 38 anni
30/12/2011
di Cristian Vitali
Non bastava Socrates. Il Dio della Morte non si è lasciato intenerire neanche dal calore profuso dall’atmosfera natalizia. Nel giro di neanche un mese, un altro ex calciatore che ha transitato, seppur con scarso profitto, una sola stagione nella nostra Serie A, ci ha lasciato per sempre. Un altro brasiliano, anche lui centrocampista, un altro funambolico giostraio che è prematuramente scomparso. Socrates, deceduto per malattia il 4 Dicembre, lo conoscevano tutti. Marcos Antonio Lemos Tozze, invece, almeno in Italia anche i più accaniti conoscitori delle Figurine Panini stentano a ricordarlo. Stiamo parlando della mezzala, classe 1973, meglio conosciuta con il soprannome di Catè. Un nomignolo curioso, che pero’ aveva una sua logica: è l’abbreviativo di categoria, perchè da ragazzino dicevano che era effettivamente di un’altra categoria. Ma se neanche il suo nome non riesce a rievocare alcuna giocata degna di nota, non disperate. In effetti, nella Sampdoria 1998/99 – in cui militò – ci fu ben poco da salvare. Ritiratosi dal calcio giocato nel 2008, Catè è perito tragicamente la mattina del 27 Dicembre 2011, in un incidente stradale. Si trovava a Ipe, in Brasile, e per circostanze ancora da chiarire – forse a causa dell’asfalto reso viscido dalla pioggia – la sua Fiat Mille (la Uno brasiliana, ancora in vendita in Sudamerica) è andata a schiantarsi frontalmente contro un autoarticolato Scania. Inutile dire come si è ridotta la sua povera vettura: per lui non c’è stato niente da fare. Ci ha lasciati così, improvvisamente, a soli 38 anni. Attualmente allenava nel Rio Grande Do Sul, regione di cui era originario. Dicevamo che Catè rimase per un anno in Italia: la Samp lo acquistò dal campionato cileno, ma quella fu un’annata storta. Pareva dovesse essere impiegato titolare, ed invece giocò ad intermittenza: piccolo e veloce, ma abbastanza fumoso e “trottolino combinaguai”, lasciò la squadra ligure retrocessa in B contribuendo pochissimo alla sua causa: 15 presenze e una rete in campionato l’11 aprile del 1999, a Marassi contro il Venezia. Realizzò la rete della vittoria cinque minuti dopo il suo ingresso in campo. Solo questo? No, c’è posto anche per un gol in Intertoto agli slovacchi del Tauris. Chi lo ricorda maggiormente sono i gestori dei Bar di Genova, grazia alla sua passione per la birra, condivisa con gli argentini e compagni di squadra Ariel Ortega e Gaston Cordoba. E come anche un certo Socrates. Un tempo attaccante del Gremio, Catè rimase in Brasile fino al 1994 giocando con le maglie di Guarani e Cruzeiro ma sopratutto del San Paolo, con cui vinse la Coppa Intercontinentale nel 1992 a spese del Barcellona di Crujiff, a soli 19 anni. Conquistò anche il titolo Mondiale Under 20 con il Brasile l’anno successivo, in squadra assieme a gente del calibro di Dida e Jardel. Poi però si è perso. Tornato in Sudamerica, chiuse la carriera nel 2007/2008 in Cina, dopo aver militato anche nella Major League Soccer. Era nella Samp di Spalletti (esonerato e poi richiamato dopo il breve interregno di Platt), e non lasciò un buon ricordo. Ma dall’altra parte del Mondo, quella sera di Tokyo, conobbe il suo apice. Non era in campo, ma legò comunque il suo destino a quella vittoria. Quella sera giocò e realizzò le due reti decisive per il San Paolo un certo Raì, che oltre ad essere compagno di squadra dello sfortunato Catè, è anche stato il fratello minore del povero Socrates. Una vittoria, che quasi vent’anni dopo, ha un sapore amaro, beffardo, se non derisorio. Addio Catè, adesso dovranno tutti considerarti davvero di un’altra categoria.
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