Josè Rui Aguas
A Reggio diede l’impressione di essere già in pensione
26/04/2020
di Cristian Vitali
«Ho la testa, la uso bene. Basterà»
(Rui Aguas, attaccante Reggiana, il giorno della presentazione)
Figlio del più famoso Josè (centravanti e Capitano del Benfica che conquistò la Coppa dei Campioni nel 1961 e nel 1962, nonché 5 volte Campione del Portogallo e altrettante Capocannoniere del torneo, con 25 presenze e 18 reti nella Nazionale portoghese), Rui Aguas, classe 1960, fu un bomber di razza, visto che militò per diversi anni e con profitto con Porto e Benfica segnando un buon numero di reti. E pensare che fino a 23 anni aveva giocato anche a pallavolo, ma l’attività non era agonistica fino al punto di sostenerlo economicamente a sufficienza, e fu così che si buttò definitivamente nel calcio, come il padre e il cugino Raul Aguas. Entrambi ex del Benfica, seppur dai destini contrapposti (se il padre realizzò oltre 250 gol, il cugino, anch’egli attaccante, è stato solo una comparsa). Nella Stagione 1994/95 la Reggiana si apprestava a disputare il secondo campionato consecutivo in Serie A, dopo la miracolosa salvezza conquistata grazie alla vittoria a San Siro contro il Milan all’ultima giornata. Ma la squadra si era indebolita, e l’inizio fu del tutto negativo, con un solo pareggio e ben 5 sconfitte nelle prime 6 giornate. Bastò per cacciare lo storico allenatore Giuseppe Marchioro, sulla panchina granata dal 1987, fautore della prima, storica promozione in A, ed affidare la squadra ad Enzo Ferrari, ex Udinese (in quella che sarà la sua ultima esperienza nella massima serie), il quale nelle ultime tre giornate verrà a sua volta esonerato per far posto a Cesare Vitale, nelle sue uniche 3 panchine in Serie A, visto che consumerà la sua carriera da allenatore nella serie dilettantistiche. Questo per rendere l’idea su quella che sarà una stagione a dir poco disastrosa.
«E’ integro e motivatissimo»
(Franco Dal Cin, Presidente Reggiana, parla di Rui Aguas)
Pertanto, nel mercato di riparazione di Novembre si cercò di correre ai ripari, visto che
la Reggiana aveva in pratica già un piede nella fossa. Sia gli emiliani che il Brescia in quella stagione “lottarono” in pratica da sole un minicampionato il cui obiettivo era quello di evitare l’ultimo posto. Oltre al russo Simutenkov dalla Dinamo Mosca (giunto grazie ai buoni uffici in Russia di Dal Cin), il 10 Novembre
pervenne in Emilia a prezzo di costo anche il “vecchio” portoghese Rui Aguas, che viaggiava per le 35 primavere, e il cui punto più alto della carriera risaliva al 1988, con la doppietta contro la Steaua Bucarest che spalancò al Benfica le porte della finale di Coppa dei Campioni contro il PSV (poi persa ai rigori). Insomma, un attaccante con un curriculum importante alla spalle e con (troppa) esperienza, che proprio per questo poco poteva servire alla causa. Seppur, infatti, il Patron Franco Dal Cin ci tenne a garantire che il giocatore “
è integro e motivatissimo”, e nonostante la benedizione del connazionale Paulo Futre (“
Ci servirà”, ebbe a dire”), in realtà
arrivò in ritiro con una costola incrinata per un colpo rimediato nella sua ultima gara in Portogallo. Come se ciò non bastasse, si saprà poi che tentò l’esperienza italiana per fare un regalo al figlio di 10 anni, Andrè, che lo voleva fortemente vedere giocare in Serie A, all’epoca il campionato più bello del mondo. Il portoghese cercò volentieri di accontentare il figlio, consapevole del fatto di partire per l’Italia senza tante pretese e conscio che porterà in Emilia tanta esperienza ma poca gamba anche a causa di una forma fisica più che precaria ed alle energie che non sono più quelle di un tempo.
«Ci servirà»
(Paulo Futre, attaccante Reggiana, parla di Rui Aguas)
E in effetti
la sua utilità sarà pari, se non inferiore, a quella di una bottiglia d’acqua vuota nelle mani di un assetato: 12 apparizioni, ovviamente senza realizzare reti, molte delle quali imbarazzanti. Incarnò lo stereotipo del giocatore a fine carriera, stanco, appesantito, e parecchio acciaccato. Due voti su tutti sono emblematici. Scrive così «La Repubblica» per commentare la sua prestazione nella gara persa 1-0 a Brescia (squadra che si classificherà all’ultimo posto:
«Voto 4 – L’indulgente Ferrari dice che si è mosso bene. Ma si è mosso?». L’ultima gara del campionato si giocò il 28 maggio 1995 e la Reggiana, retrocessa da mesi, perde 4-0 in al “Delle Alpi” contro il Torino, accompagnata da 12 “eroi”: è il numero dei tifosi che seguì la squadra nell’ultima disfatta stagionale, che lasceranno però lo Stadio alla fine del primo tempo, a risultato già acquisito. «La Repubblica» giudica così i suoi 75 minuti in campo:
«Voto 4 – Portoghese trentacinquenne capitato chissà perchè da queste parti». E’ riuscito a non incidere neppure nella vittoria per 3-0 contro il Padova di Dicembre: nei 20 minuti finali in cui subentrò a Simutenkov, prende addirittura un lapidario “senza voto”. Non riuscì quindi a chiudere in bellezza una carriera non priva di soddisfazioni,
a causa di una indomita lentezza, che a volte sfociava in autentica macchinosità. Si fece ricordare per le foltissime sopracciglia che contraddistinguevano la sua figurina dell’Album Panini, “conquistata” probabilmente solo grazie al suo curriculum passato. Era forte di testa, ma in quella disgraziata stagione la usò più che altro per pensare al dopo carriera, risparmiandosi gomitate e calcioni, per lui ormai inutili perché non aveva più nulla da chiedere al suo fisico, le cui condizioni erano piuttosto precarie per un professionista. Chiusa così la parentesi da calciatore proprio con la Reggiana, inizia ad allenare: dopo varie esperienze da Vice (anche con la Nazionale del Portogallo, suo primo incarico), dal 2014 al 2016 e nuovamente dal 2018 è il C.T. di Capo Verde.
Stagione |
Squadra |
Presenze |
Reti |
1981-82 |
Sesimbra |
|
|
1982-83 |
Atletico Portugal |
|
|
1983-85 |
Portimonense |
46 |
10 |
1985-88 |
Benfica |
74 |
35 |
Gen. 88 |
Porto |
64 |
30 |
1990-94 |
Benfica |
99 |
42 |
1994-95 |
Estrela Amadora |
9 |
4 |
Nov. 94 |
Reggiana |
12 |
- |